Terapia immunossoppressiva


La terapia immunosoppressiva (con siero antilinfocitario, corticosteroidi, ciclosporina), che costituisce la terapia di elezione dell’aplasia midollare, è indicata soprattutto nelle SMD a basso rischio con midollo ipocellulato, e con altre caratteristiche biologiche (es, presenza di cellule con le caratteristiche immunologiche proprie dell’emoglobinuria parossistica notturna) che le avvicinano all’aplasia midollare. Si tratta però di un trattamento non privo di rischi, legati all’immunosoppressione, per cui è indicato nei pazienti non troppo anziani, e in buone condizioni generali.
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Le terapie immunosoppressive, come i cortisonici, il siero antilinfocitario, la ciclosporina, agiscono contro il sistema immunitario attivato dell’ospite e spesso permettono di ottenere delle buone risposte ematologiche con ripresa dell’emopoiesi. Il siero antilinfocitario può essere usato anche in combinazione con androgeni o con ciclosporina e queste associazioni permettono di ottenere un maggior numero di risposte, ma non un vantaggio di sopravvivenza. Il tempo mediano per ottenere una risposta è 120 giorni e si possono individuare pazienti rispondenti completi (normalizzaione del quadro periferico) o parziali (perdita della dipendenza dalle trasfusioni). La terapia di attacco prevede siero antilinfocitario di cavallo insieme a ciclosporina: il siero deve essere premedicato perché può causare reazioni allergiche. La ciclosporina si continua mediamente per 6 mesi a dosaggio pieno e la sospensione dovrebbe essere graduale, perché è stato dimostrato che la lenta sospensione riduce le recidive. Queste ultime si definiscono tali, quando il paziente necessita di trasfusioni dopo un periodo di 3 mesi in cui era diventato indipendente. Le recidive sono nell’ordine del 30% e non sono facilmente prevedibili. L’uso dei fattori di crescita permette la facile identificazione dei rispondenti alla terapia con immunosopressione, ma l’uso è ancora motivo di discussione. Anche per i pazienti anziani è possibile una terapia immunosoprressiva, ma le percentuali di risposte dopo i 70 anni sono estremamente ridotte, anche se l’incidenza di mortalità è più bassa.


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