venerdì 10 febbraio 2012

Anemia aplastica - aplasia midollare


Con questo termine si indicano delle condizioni morbose in cui vi è una marcata riduzione fino all’assenza del tessuto emopoietico midollare. Ciò che ne consegue è una pancitopenia (anemia, neutropenia e piastrinopenia) che determina il quadro clinico dell’affezione: astenia, infezioni ed emorragie. Possono comparire in qualsiasi età, sesso e in ogni razza.

La malattia non ha una causa unica ed in realtà si può parlare di una rosa di malattie diverse in cui il passaggio tra una e l'altra è sfumato.

Nel 50% dei colpiti infatti non si può arrivare a stabilire l'evento scatenante, che può essere genetico, ambientale e misto, perché la quantità di sostanze di sintesi a cui oggi siamo esposti inconsapevolmente è tale da non permetterci di prevedere la loro azione mielotossica su soggetti geneticamente predisposti. Si conoscono tutta una serie di farmaci che possono avere effetti tossici sull'emopoiesi, primo tra tutti gli antibiotici cloramfenicolo e chinacrina, gli analgesici come il fenilbutazone e metamizolo, gli anticonvulsivanti metilfenilidantoina e Trimetadione, gli antidiabetici come latolbutamide e gli antireumatici come i sali d'oro e l'acido acetilsalicilico e la lista potrebbe essere ancora lunga dopo aver incluso gli antiblastici. La tossicità di questi farmaci di solito è dipendente dalla dose e l'anemia che ne deriva è transitoria e dipendente dalla dose assunta, altre volte la mielotossicità è idiosincrasica e si dimostra indipendente dalla concentrazione del farmaco nel sangue, come se avesse dato l'avvio a dei processi che si autosostengono.

L'anemia aplastica può sorgere anche come conseguenza diretta o indiretta dell'infezione da virus. Il 10% di casi risulta essersi sviluppato da 5 a 8 mesi dopo una epatite sia da virus Bche da virus C. Nonostante gli sforzi non è stato possibile determinare l'agente eziologico causa dell'anemia. La malattia può avere come causa la pancitopenia di Fanconi la discheratosi congenita o altre malattie.

Molto recentemente, tuttavia, sono state identificate mutazioni a carico di componenti del complesso della telomerasi (TERC E TERT), l'enzima che svolge azione costruttiva e riparatrice sui telomeri. Queste strutture fungono da "cappuccio" terminale dei cromosomi e ne promuovono la stabilita'. La loro lenta erosione è parzialmente responsabile dell'invecchiamento cui le cellule vanno incontro fisiologicamente. Si sospetta che le cellule midollari vadano incontro, in tal modo, ad un precocissimo invecchiamento che le uccide per morte cellulare programmata (apoptosi).

Manifestazioni clinicheL’esordio è molto variabile, con un possibile quadro acuto, con una astenia ingravescente, severe infezioni con febbre molto alta, con manifestazioni emorragiche cutanee e mucose.

L’esordio può essere anche molto più subdolo con mesi di sintomi a tipo astenia ingravescente, piccole infezioni recidivanti che tendono difficilmente a guarire.

Molto spesso la clinica delle aplasie midollari è simile a quella delle leucemie acute e solo le analisi di laboratorio possono chiarire la diagnosi.



Come si formula la diagnosi?

L’esame emocromocitometrico evidenzia severa anemia con reticolociti molto bassi; si evidenzia poi leucopenia con granulocitopenia e severa piastrinopenia.

L’aspirato midollare rileva un quadro generalmente non diagnostico, con una grave povertà di precursori emopoietici mieloidi e la presenza di cellule linfoidi ed istioidi.

La biopsia midollare è necessaria per osservare un quadro di insieme e valutare il grado di fibrosi presente, permettendo di formulare un giudizio su una diagnosi differenziale, con l’anemia di Fanconi e le sindromi mielodisplastiche. La prima può essere esclusa sulla base dell’esame cariotipico, perché presenta un numero alto di alterazioni cromosomiche. Le sindromi mielodisplastiche si possono escludere sulla base del quadro morfologico midollare e dell’esame cariotipico.

La prognosi delle aplasie midollari dipende dalla gravità dei sintomi presenti: si definisce aplasia non severa quella con numero di neutrofili > 500/mmc, severa se i granulociti sono inferiori a 500/mmc, se vi è una riduzione severa della cellularità midollare e se vi è una ipocellularità con una quota di cellule midollari <30%, molto severa se i neutrofili sono inferiori ai 200/mmc.



Terapia

Per la terapia si categorizzano in aplasie severe e moderate. Se l’aplasia è moderata (modesta citopenia, non trasfusione dipendente) la terapia è di supporto, con sostanze anabolizzanti, basse dosi di steroidi e ciclosporina. L’aplasia severa richiede invece un trattamento immunosoppressivo ed il trapianto di midollo.

L’urgenza con cui viene effettuata la terapia dipende dalla conta dei neutrofili e della durata della neutropenia severa. Il trattamento dipende anche dall’età del paziente: se il paziente è giovane (età inferiore ai 35 anni) con donatore compatibile viene avviato a trapianto di midollo compatibile; se il paziente è più anziano o con malattie associate viene generalmente sottoposto a trattamento immunosoppressivo. Dalle casistiche internazionali, i pazienti con età inferiore ai 20 anni sembrano giovarsi di più del trapianto allogenico; i pazienti con età superiore ai 20 anni e conta dei neutrofili tra 200 e 500/mmc sembrano beneficiare più della terapia immunosoppressiva.

Esistono terapie mirate a ricostruire l’emopoiesi assente o carente e terapie di supporto. Tra le prime ricordiamo sostanze stimolanti come gli androgeni, che stimolano le cellule staminali e che speso funzionano nelle forme meno severe; i fattori di crescita, che possono essere di aiuto nei casi di grave neutropenia, per la difesa dalle infezioni. Le terapie immunosoppressive, come i cortisonici, il siero antilinfocitario, la ciclosporina, agiscono contro il sistema immunitario attivato dell’ospite e spesso permettono di ottenere delle buone risposte ematologiche con ripresa dell’emopoiesi. Il siero antilinfocitario può essere usato anche in combinazione con androgeni o con ciclosporina e queste associazioni permettono di ottenere un maggior numero di risposte, ma non un vantaggio di sopravvivenza. Il tempo mediano per ottenere una risposta è 120 giorni e si possono individuare pazienti rispondenti completi (normalizzaione del quadro periferico) o parziali (perdita della dipendenza dalle trasfusioni). La terapia di attacco prevede siero antilinfocitario di cavallo insieme a ciclosporina: il siero deve essere premedicato perché può causare reazioni allergiche. La ciclosporina si continua mediamente per 6 mesi a dosaggio pieno e la sospensione dovrebbe essere graduale, perché è stato dimostrato che la lenta sospensione riduce le recidive. Queste ultime si definiscono tali, quando il paziente necessita di trasfusioni dopo un periodo di 3 mesi in cui era diventato indipendente. Le recidive sono nell’ordine del 30% e non sono facilmente prevedibili. L’uso dei fattori di crescita permette la facile identificazione dei rispondenti alla terapia con immunosopressione, ma l’uso è ancora motivo di discussione. Anche per i pazienti anziani è possibile una terapia immunosoprressiva, ma le percentuali di risposte dopo i 70 anni sono estremamente ridotte, anche se l’incidenza di mortalità è più bassa.

Il trapianto di midollo allogenico viene preso in considerazione se esiste la possibilità di un donatore compatibile e se l’età è inferiore ai 50 anni. Generalmente si usa come terapia di condizionamento la ciclofosfamide e i fattori prognostici positivi sono l’età inferiore ai 16 anni, un intervallo tra la diagnosi ed il trapianto minore di 83 giorni e un condizionamento senza terapia radiante. Per i giovani di età inferiore ai 16 anni che ricevono un trapianto da donatore identico familiare la sopravvivenza è del 91%; il trapianto di cellule satinali da periferico non è raccomandabile perché porta ad una riduzione della sopravvivenza per via dell’attivazione della graft-versus-host. L’età mantiene ancora il suo ruolo nel trapianto per l’aplasia midollare: infatti la sopravvivenza è intorno al 50% per pazienti di età intorno ai 40 anni. Nuovi regimi di condizionamento attualmente in fase sperimentale, prevedono l’uso di ciclofosfamide a basso dosaggio insieme alla fludarabina. Il trapianto da donatore non correlato mantiene gli stessi parametri prognostici con percentuali di sopravvivenza superiore al 70% in pazienti di età inferiore ai 14 anni.

La terapia di supporto prevede invece le trasfusioni e la profilassi delle infezioni. Le prime si eseguono filtrate ed irradiate per impedire che il paziente venga a contatto con eccessivi antigeni che ne provocano la sensibilizzazione: infatti il successo di un trapianto è direttamente proporzionale alla minore esecuzione di emotrasfusioni.

La terapia delle infezioni viene eseguita se indispensabile, tenendo conto che una terapia inopportuna eseguita per lungo tempo può selezionare ceppi batterici resistenti ed infezioni quindi molto gravi.


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