Con questo termine si indicano delle
condizioni morbose in cui vi è una marcata riduzione fino all’assenza del
tessuto emopoietico midollare. Ciò che ne consegue è una pancitopenia (anemia,
neutropenia e piastrinopenia) che determina il quadro clinico dell’affezione:
astenia, infezioni ed emorragie. Possono comparire in qualsiasi età, sesso e in
ogni razza.
La malattia non ha una causa unica ed in
realtà si può parlare di una rosa di malattie diverse in cui il passaggio tra
una e l'altra è sfumato.
Nel 50% dei colpiti infatti non si può
arrivare a stabilire l'evento scatenante, che può essere genetico, ambientale e
misto, perché la quantità di sostanze di sintesi a cui oggi siamo esposti
inconsapevolmente è tale da non permetterci di prevedere la loro azione mielotossica
su soggetti geneticamente predisposti. Si conoscono tutta una serie di farmaci
che possono avere effetti tossici sull'emopoiesi,
primo tra tutti gli antibiotici
cloramfenicolo
e chinacrina, gli analgesici
come il fenilbutazone
e metamizolo,
gli anticonvulsivanti metilfenilidantoina e Trimetadione, gli antidiabetici come latolbutamide
e gli antireumatici come i sali d'oro e l'acido acetilsalicilico e la lista
potrebbe essere ancora lunga dopo aver incluso gli antiblastici.
La tossicità di questi farmaci di solito è dipendente dalla dose e l'anemia che
ne deriva è transitoria e dipendente dalla dose assunta, altre volte la
mielotossicità è idiosincrasica e si dimostra
indipendente dalla concentrazione del farmaco nel sangue, come se avesse
dato l'avvio a dei processi che si autosostengono.
L'anemia aplastica può sorgere anche come
conseguenza diretta o indiretta dell'infezione da virus. Il 10% di casi
risulta essersi sviluppato da 5
a 8 mesi dopo una epatite sia da virus Bche
da virus C. Nonostante gli sforzi non è
stato possibile determinare l'agente eziologico causa dell'anemia. La malattia
può avere come causa la pancitopenia di Fanconi la discheratosi congenita o altre
malattie.
Molto recentemente, tuttavia, sono state
identificate mutazioni a carico di componenti del complesso della telomerasi (TERC E TERT), l'enzima che
svolge azione costruttiva e riparatrice sui telomeri.
Queste strutture fungono da "cappuccio" terminale dei cromosomi e ne
promuovono la stabilita'. La loro lenta erosione è parzialmente responsabile
dell'invecchiamento cui le cellule vanno incontro fisiologicamente. Si sospetta
che le cellule midollari vadano incontro, in tal modo, ad un precocissimo
invecchiamento che le uccide per morte cellulare programmata (apoptosi).
Manifestazioni
clinicheL’esordio è molto variabile, con un possibile quadro acuto, con una
astenia ingravescente, severe infezioni con febbre molto alta, con
manifestazioni emorragiche cutanee e mucose.
L’esordio può essere
anche molto più subdolo con mesi di sintomi a tipo astenia ingravescente,
piccole infezioni recidivanti che tendono difficilmente a guarire.
Molto spesso la clinica
delle aplasie midollari è simile a quella delle leucemie acute e solo le
analisi di laboratorio possono chiarire la diagnosi.
Come si formula la diagnosi?
L’esame
emocromocitometrico evidenzia severa anemia con reticolociti molto bassi; si
evidenzia poi leucopenia con granulocitopenia e severa piastrinopenia.
L’aspirato midollare
rileva un quadro generalmente non diagnostico, con una grave povertà di
precursori emopoietici mieloidi e la presenza di cellule linfoidi ed istioidi.
La biopsia midollare è
necessaria per osservare un quadro di insieme e valutare il grado di fibrosi
presente, permettendo di formulare un giudizio su una diagnosi differenziale,
con l’anemia di Fanconi e le sindromi mielodisplastiche. La prima può essere
esclusa sulla base dell’esame cariotipico, perché presenta un numero alto di
alterazioni cromosomiche. Le sindromi mielodisplastiche si possono escludere sulla
base del quadro morfologico midollare e dell’esame cariotipico.
La prognosi delle aplasie
midollari dipende dalla gravità dei sintomi presenti: si definisce aplasia non
severa quella con numero di neutrofili > 500/mmc, severa se i granulociti
sono inferiori a 500/mmc, se vi è una riduzione severa della cellularità
midollare e se vi è una ipocellularità con una quota di cellule midollari
<30%, molto severa se i neutrofili sono inferiori ai 200/mmc.
Terapia
Per la terapia si
categorizzano in aplasie severe e moderate. Se l’aplasia è moderata (modesta
citopenia, non trasfusione dipendente) la terapia è di supporto, con sostanze
anabolizzanti, basse dosi di steroidi e ciclosporina. L’aplasia severa richiede
invece un trattamento immunosoppressivo ed il trapianto di midollo.
L’urgenza con cui viene
effettuata la terapia dipende dalla conta dei neutrofili e della durata della
neutropenia severa. Il trattamento dipende anche dall’età del paziente: se il
paziente è giovane (età inferiore ai 35 anni) con donatore compatibile viene
avviato a trapianto di midollo compatibile; se il paziente è più anziano o con
malattie associate viene generalmente sottoposto a trattamento
immunosoppressivo. Dalle casistiche internazionali, i pazienti con età
inferiore ai 20 anni sembrano giovarsi di più del trapianto allogenico; i
pazienti con età superiore ai 20 anni e conta dei neutrofili tra 200 e 500/mmc
sembrano beneficiare più della terapia immunosoppressiva.
Esistono terapie mirate a
ricostruire l’emopoiesi assente o carente e terapie di supporto. Tra le prime
ricordiamo sostanze stimolanti come gli androgeni, che stimolano le cellule
staminali e che speso funzionano nelle forme meno severe; i fattori di
crescita, che possono essere di aiuto nei casi di grave neutropenia, per la
difesa dalle infezioni. Le terapie immunosoppressive, come i cortisonici, il
siero antilinfocitario, la ciclosporina, agiscono contro il sistema immunitario
attivato dell’ospite e spesso permettono di ottenere delle buone risposte
ematologiche con ripresa dell’emopoiesi. Il siero antilinfocitario può essere
usato anche in combinazione con androgeni o con ciclosporina e queste
associazioni permettono di ottenere un maggior numero di risposte, ma non un
vantaggio di sopravvivenza. Il tempo mediano per ottenere una risposta è 120
giorni e si possono individuare pazienti rispondenti completi (normalizzaione
del quadro periferico) o parziali (perdita della dipendenza dalle trasfusioni).
La terapia di attacco prevede siero antilinfocitario di cavallo insieme a
ciclosporina: il siero deve essere premedicato perché può causare reazioni
allergiche. La ciclosporina si continua mediamente per 6 mesi a dosaggio pieno
e la sospensione dovrebbe essere graduale, perché è stato dimostrato che la
lenta sospensione riduce le recidive. Queste ultime si definiscono tali, quando
il paziente necessita di trasfusioni dopo un periodo di 3 mesi in cui era
diventato indipendente. Le recidive sono nell’ordine del 30% e non sono
facilmente prevedibili. L’uso dei fattori di crescita permette la facile
identificazione dei rispondenti alla terapia con immunosopressione, ma l’uso è
ancora motivo di discussione. Anche per i pazienti anziani è possibile una
terapia immunosoprressiva, ma le percentuali di risposte dopo i 70 anni sono
estremamente ridotte, anche se l’incidenza di mortalità è più bassa.
Il trapianto di midollo
allogenico viene preso in considerazione se esiste la possibilità di un
donatore compatibile e se l’età è inferiore ai 50 anni. Generalmente si usa
come terapia di condizionamento la ciclofosfamide e i fattori prognostici
positivi sono l’età inferiore ai 16 anni, un intervallo tra la diagnosi ed il
trapianto minore di 83 giorni e un condizionamento senza terapia radiante. Per
i giovani di età inferiore ai 16 anni che ricevono un trapianto da donatore
identico familiare la sopravvivenza è del 91%; il trapianto di cellule satinali
da periferico non è raccomandabile perché porta ad una riduzione della
sopravvivenza per via dell’attivazione della graft-versus-host. L’età mantiene
ancora il suo ruolo nel trapianto per l’aplasia midollare: infatti la
sopravvivenza è intorno al 50% per pazienti di età intorno ai 40 anni. Nuovi
regimi di condizionamento attualmente in fase sperimentale, prevedono l’uso di
ciclofosfamide a basso dosaggio insieme alla fludarabina. Il trapianto da
donatore non correlato mantiene gli stessi parametri prognostici con
percentuali di sopravvivenza superiore al 70% in pazienti di età inferiore ai
14 anni.
La terapia di supporto
prevede invece le trasfusioni e la profilassi delle infezioni. Le prime si
eseguono filtrate ed irradiate per impedire che il paziente venga a contatto
con eccessivi antigeni che ne provocano la sensibilizzazione: infatti il
successo di un trapianto è direttamente proporzionale alla minore esecuzione di
emotrasfusioni.
La terapia delle
infezioni viene eseguita se indispensabile, tenendo conto che una terapia
inopportuna eseguita per lungo tempo può selezionare ceppi batterici resistenti
ed infezioni quindi molto gravi.
Nessun commento:
Posta un commento